Il tema della Responsabilità Civile dei Giudici è tornato oggi alla ribalta del dibattito socio-politico italiano, ma è una questione "storica" che, nel nostro Paese, è già stata oggetto di un referendum popolare promosso dal movimento Radicale nel 1987. L'esito referendario vide prevalere i favorevoli all'inserimento del principio della Responsabilità Civile dei Giudici, con una larghissima maggioranza, ma la Legge Vassalli (L. 177/1988) non recepì integralmente la volontà popolare, poiché fu introdotto esclusivamente per i casi di dolo, colpa grave o per diniego di giustizia, con la possibilità di fare causa allo Stato e non direttamente al Magistrato. Così, oggi come allora,
nell’immaginario collettivo, i Magistrati, giudicati ed amministrati da loro
stessi in modo sempre più
auto-referenziale e similare ad una Casta,
sembrano essere sempre al di sopra delle regole, come delle entità
infallibili e non punibili.
Di certo, l’approvazione
dell’emendamento ha avuto il merito
di riaprire il dibattito, ma non vorremmo
che rimanesse una mera provocazione, respinta sul piano politico
dall’area progressista e giustizialista, oltre che dall’
Associazione Nazionale dei
Magistrati. Nel contesto storico in cui viviamo, la domanda pressante di
meritocrazia e di responsabilizzazione di tutti i soggetti, soprattutto di
quelli che hanno un lavoro o un incarico
di natura pubblica, impone
che siano superati i privilegi, le
rendite di posizione e qualsiasi
forma di impunità.
Quindi, è necessario
portare avanti la modifica della Legge per ottenere il pieno recepimento del principio,
ma tenendo conto dell’esigenza che il Magistrato possa svolgere
liberamente e senza condizioni la propria attività di ricerca e di
accertamento della verità, almeno processuale. Per cui, non si devono
creare le condizioni per bloccare le
iniziative condotte dai Magistrati
per la remota possibilità che questi commettano degli errori e che debbano
risarcire degli ingenti danni - con il
proprio patrimonio - se fossero
condannati civilmente per sbagli
commessi nel corso di indagini dirette verso un
soggetto, particolarmente facoltoso, appartenente alle istituzioni, alle grandi
imprese, alle professioni, al mondo dello show business, ecc…
Pertanto, tenendo sempre
ben presenti i principi costituzionali che
garantiscono
l’ordinamento, l’autonomia e l’operato della magistratura per una corretta tutela delle
istituzioni e dei cittadini, visto che le integrazioni previste dall’“emendamento
Pini” presentano concetti vaghi e che lasciano adito a troppe
interpretazioni, si potrebbe ipotizzare delle
modifiche della vigente Legge
Vassalli quali:
• l’inserimento del principio di Responsabilità
Civile dei Magistrati per dolo, colpa
grave e diniego di giustizia;
• la riduzione dei nove gradi di giudizio,
prevedendo anche
l’eliminazione del
farraginoso giudizio preliminare di ammissibilità della
domanda (art. 5), per superare il lentissimo meccanismo
decisionale che ha consentito sinora solo 34 citazioni
ammissibili e 4 condanne su 406 procedimenti avviati
(fonte: articolo di Maria Antonietta Calabrò su “Corriere della
Sera”);
• la
modifica del meccanismo di rivalsa (art. 7) e l’introduzione di alcune
specifiche forme sanzionatorie automatiche nei riguardi del Magistrato, citato in giudizio dal cittadino
ricorrente, per i casi in cui sia accertata una
responsabilità del giudice al di fuori dei casi di dolo, colpa grave
e diniego di giustizia. In tal modo, se la sentenza stabilisse
la responsabilità del Magistrato, il risarcimento resterebbe
sempre a carico dello Stato, ma scatterebbero
automaticamente una serie di sanzioni, che - a titolo esemplificativo
e non esaustivo – potrebbero essere un periodo di sospensione dal servizio, il
risarcimento pecuniario da versare allo
Stato in proporzione alla capacità reddituale del
Magistrato stesso;
• l’introduzione della possibilità di assistenza
gratuita per una più ampia fascia di
cittadini ricorrenti (ad oggi prevista solo per i meno
abbienti o gli esenti dal pagamento dei tributi) nel caso di
procedimento per ricorso contro il Magistrato e lo Stato.

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